Giardino Botanico Alpino delle Alpi Orientali

Visita guidata Domenica 23 luglio 2023

appuntamento ore 10,00 parcheggio Casera in Nevegal

Riserva Integrale di Monte Faverghera – Nevegal – Belluno

L’importanza del nostro patrimonio ambientale, viene riaffermata dalla presenza dei numerosi giardini botanici alpini e delle riserve naturali,  non solamente come preservazione d’un ambiente unico e d’estrema importanza culturale, ma anche come nuova coscienza di ciò che appartiene a noi tutti e che deve essere preservato e difeso.

L’esperienza maturata dal nostro Centro di ricerca Piante Officinali, trova nelle visite guidate ai giardini botanici, uno dei suoi motivi d’esistere,  come occasione di conoscenza sia per chi da sempre vive tra queste montagne sia per chi, abitando nelle città e paesi di pianura, non pensa ne immagina la bellezza e la ricchezza di ciò che è anche loro patrimonio e responsabilità  futura.

La grande risposta che ogni anno viene riaffermata dalla presenza di numerosi amanti della natura e desiderosi di conoscere e vedere in prima persona gli ambienti montani e le piante officinali, ci ha visto in due momenti importanti nel giardino botanico alpino del Cansiglio e in questo   giardino botanico alpino del monte Faverghera – Nevegal.

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Queste lezioni, presso i giadini botanici alpini, hanno come scopo quello di “presentare i giardini stessi” dando gli elemeti per un percorso di passione e conoscenza. Non a caso queste lezioni sono inserite all’interno del programma della Scuola di Naturopatia Hermete Sophia.

Come avrete già compreso con il termine Naturopatia si intende un insieme di tecniche non sempre  scientifiche e troppe volte campate in aria che creano solo confusione…. perchè solo la Scienza ci può portare alla conoscenza Veridica e Certa.

IL GIARDINO BOTANICO

Superficie 14 ettari   –   Altitudine min 1400 m   –   Altitudine max 1600 m

All’interno della Riserva Naturale Integrata del Monte Faverghera si trova il Giardino Botanico delle Alpi Orientali ‘F. Caldart’  ideato e realizzato dal naturalista bellunese, Francesco Caldart, dall’inizio degli anni ’50.  

Nel 1971 con decreto del ministeriale del 28 settembre fu istituita la Riserva Naturale integrata.

La vegetazione spontanea della Riserva è costituita da praterie dislocate lungo i dossi sommitali, da arbusteti con prevalenza di salici lungo gli avvallamenti, da vegetazione su roccia in cui predominano gli arbusti nani; la parte bassa della Riserva è invece occupata da un bosco misto, in gran parte di origine artificiale, in cui sopravvivono ancora sporadicamente residui dell’originario bosco di Faggio. 

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Lo scopo didattico di questo giardino è sottolineata dall’ampia  varietà degli ambienti che si riscontrano all’interno della Riserva, in parte costruiti artificialmente, offre un’ampia panoramica delle diverse associazioni vegetali presenti lungo l’arco alpino orientale.

Sono  presenti piante della boscaglia subalpina, delle paludi e sorgenti alpine, delle torbiere (drosera e Pingiucola alpina), dei pascoli e delle praterie alpine, dei ghiaioni e macerati, delle vallette nivali e delle rupi calcaree e silicee.

La flora presente si compone di circa 800 specie di cui oltre la metà sono spontanee. 

Sono presenti entità comuni nei piani montano, subalpino e alpino delle Alpi, accanto a specie rare o a distribuzione circoscritta. L’insieme delle specie vegetali presenti  sono tipiche alla porzie orientale dell’arco alpino o delle sole Dolomiti, come il caso della Campanula del Moretti e del Raponzolo chiomoso che si sviluppano sulle pareti calcareo-dolomitiche; la Saponaria minore e il Semprevivo delle Dolomiti che prediligono terreni silicei; la Valeriana strisciante, la Primula tirolese e la Coclearia alpina presenti su rocce e detriti calcarei.

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L’impostazione didattica iniziale del giardino, costituita da  aiuole, in cui venivano coltivate le specie botaniche e con specie arboree aliene, fu progressivamente sostituita (dagli anni 80) da una nuova visione floristica diffusa in cui le specie “locali” si trovano nel loro ambiente naturale e non “chiuse” all’interno d’aiuole artificiali, più evidente percorsi 1 e 3.

Il nuovo indirizzo preso dal Giardino fu quello di rappresentare la flora delle Alpi Orientali mediante un approccio più corrispondente alla realtà delle prealpi,  proponendo ai visitatori la collezione delle piante  organizzata secondo ambienti ben distinti sul piano ecologico.

I giardini botanici alpini sono strutture che nel tempo hanno ampliato le proprie funzioni conservative  (musei all’aperto) prestandosi via via ad un utilizzo differenziato sia per scopi scientifici che didattico-divulgativi

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All’interno dell’area del Giardino si snoda una rete di sentieri tramite i quali sono visitabili parte della Riserva Naturale e i vari habitat alpini. 

Il substrato geologico di questo territorio è di natura calcarea e la morfologia è caratterizzata dalle forme di modellamento carsico, in particolare dalla presenza di doline. Il clima risente essenzialmente di due fattori: 

a)la vicinanza del mare che influisce sull’umidità atmosferica e sulle precipitazioni che raggiungono i 1600-1800 mm/anno con un picco autunnale e un picco primaverile;
b) la posizione cacuminale che comporta notevoli escursioni termiche, elevata ventosità, violenti temporali estivi e repentine variazioni delle condizioni meteo. 

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Di seguito una breve rappresentazione delle piante descritte nella visita al giardino.

Chenopodium Bonus – Henricus

Amaranthaceae 

Descrizione: pianta erbacea perenne di aspetto farinoso e colloso dovuto alla presenza di numerosi peli vescicolosi, dotata di uno spesso rizoma
Ha un fusto eretto o ascendente, striato e foglioso, ramificato dalla base, alto 20-70 cm.
Le foglie basali dotate di un lungo picciolo (10 – 20 cm), sono triangolari ed astate alla base con due angoli rivolti verso il basso, il margine è intero e leggermente ondulato, e la pagina superiore di colore verde scuro, mentre quella inferiore è chiara e farinosa. Brattee intere da ovate a lanceolate
Infiorescenza a spiga terminale allungata, bratteata e ramificata nella parte basale, a volte reflessa, rosso brunastra alla fruttificazione, formata da glomeruli di piccoli fiori bruno-verdastri, poco appariscenti e dimorfi: i terminali ermafroditi con 5 tepali e 5 stami, i laterali ermafroditi o femminili con 3-5 tepali e 2-4 stami, tutti i tepali sono saldati alla base e arrotondati nel dorso. Ovario supero uniloculare con un solo ovulo e sormontato da uno stimma bifido
frutti sono acheni con semi neri e lucenti.Zone fredde e temperato-fredde dell’Europa, Asia e Nordamerica. Europ. – Areale europeo.
Fiorisce generalmente da Luglio a Settembre, sulle Alpi Apuane anticipa anche a Maggio-Giugno.Habitat: vegeta tra le macerie, stalle, lungo i recinti erbosi dove sosta il bestiame, nei pressi delle abitazioni, delle malghe, dalla zona collinare alla montagna da 500 a 2.100 m.

USO IN CUCINA: 

pianta mangereccia, per il gusto affine agli spinaci che sostituisce in tutto. Da giovane si colgono i germogli che vengono consumati cotti o fritti. Come contorno, nelle zuppe e frittate. Per non sbagliare pianta basta toccare la pagina inferiore delle foglie che al tatto sembra coperta di sabbia fine.

Acomitum Napellus                     

Famiglia delle ranuncolaceae

La pianta più velenosa della flora italiana.

Dal greco: pianta velenosa (aconitum).

La pianta infatti risulta conosciuta fin dai tempi dell’antichità omerica. Veniva usata come simbolo negativo (maleficio o vendetta) nella mitologia dei popoli mediterranei. Il nome del genere sembra derivare anche dall’uso che se ne faceva in guerra: dardi e giavellotti con punte avvelenate.

Usata in antichità anche durante le guerre come fumo “mortale” nelle trincee o cunicoli già 1000 aC. Nel 800 dC in Cina le prime bombe a gas di aconito. È una pianta spontanea perenne, alta fino ad un metro e mezzo. Diffusa nelle regioni montagnose, cresce bene sia sui terreni umidi dei boschi di collina, sia sui terreni concimati nei dintorni di stalle o letamai dei pascoli montani.

È una pianta molto bella la cui fioritura si verifica fra luglio e settembre con fiori a forma di elmo, generalmente di colore blu scuro.
Tutte le parti della pianta e in particolare le radici sono tossiche per il contenuto in alcaloidi, il principale dei quali è l’aconitina.

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Aconito napellus giardino Alpi orientali Nevegal Belluno

A volte si sono avuti intossicazioni e fenomeni irritativi locali solo tenendo un mazzo di questa pianta nelle mani, perchè i principi attivi vengono assorbiti anche attraverso la pelle. Composti chimici presenti nella pianta: aconitina, mesaconitina, neopellina, delfinina, ipaconitina, indaconitina, acido aconitico, acido malico e acido acetico.

Attività farmacologica:

Bastano pochi milligrammi dell’alcaloide aconitina per procurare la morte. Pertanto deve essere usata sotto la vigilanza costante del medico. In fitoterapia viene utilizzata per le sue marcate proprietà antinevralgiche, sedative, analgesiche. Le parti usate sono le foglie e la radice dotate in maggior misura dell’aconitina.

In ogni caso l’Aconito è una pianta troppo pericolosa per essere usata.

Curiosità: San Francesco di Sales scriveva: il miele di Eraclea era velenoso perché le api bottinano i fiori di Aconito, difatti tale miele fa venire il capogiro, confonde la vista e lascia la bocca amara come il peccato.

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Aconitum lycoctonum subsp. vulparia giardino Alpi orientali Nevegal BL

Chenopodium Bonus – Henricus

Amaranthaceae 

Descrizione: pianta erbacea perenne di aspetto farinoso e colloso dovuto alla presenza di numerosi peli vescicolosi, dotata di uno spesso rizoma
Ha un fusto eretto o ascendente, striato e foglioso, ramificato dalla base, alto 20-70 cm.
Le foglie basali dotate di un lungo picciolo (10 – 20 cm), sono triangolari ed astate alla base con due angoli rivolti verso il basso, il margine è intero e leggermente ondulato, e la pagina superiore di colore verde scuro, mentre quella inferiore è chiara e farinosa. Brattee intere da ovate a lanceolate
Infiorescenza a spiga terminale allungata, bratteata e ramificata nella parte basale, a volte reflessa, rosso brunastra alla fruttificazione, formata da glomeruli di piccoli fiori bruno-verdastri, poco appariscenti e dimorfi: i terminali ermafroditi con 5 tepali e 5 stami, i laterali ermafroditi o femminili con 3-5 tepali e 2-4 stami, tutti i tepali sono saldati alla base e arrotondati nel dorso. Ovario supero uniloculare con un solo ovulo e sormontato da uno stimma bifido
frutti sono acheni con semi neri e lucenti.Zone fredde e temperato-fredde dell’Europa, Asia e Nordamerica. Europ. – Areale europeo.
Fiorisce generalmente da Luglio a Settembre, sulle Alpi Apuane anticipa anche a Maggio-Giugno.Habitat: vegeta tra le macerie, stalle, lungo i recinti erbosi dove sosta il bestiame, nei pressi delle abitazioni, delle malghe, dalla zona collinare alla montagna da 500 a 2.100 m.

USO IN CUCINA: 

pianta mangereccia, per il gusto affine agli spinaci che sostituisce in tutto. Da giovane si colgono i germogli che vengono consumati cotti o fritti. Come contorno, nelle zuppe e frittate. Per non sbagliare pianta basta toccare la pagina inferiore delle foglie che al tatto sembra coperta di sabbia fine. 

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Digitalis grandiflora

Famiglia Scrofulariacee

Digitale da digitalis, aggettivo latino che significa del dito, ditale, per la forma della corolla. Habitat: Boschi radi, margini dei boschi, prati asciutti, pascoli di montagna.

Descrizione: pianta erbacea biennale con radice a fittone. Nel 1° anno produce una rosetta di foglie basali tra le quali, nel 2° anno, spunta il fusto fiorale, alto fino a 1 mt.

Foglie: le basali, lunghe fino a 20 cm., hanno picciolo non molto lungo. Forma ovoidale o lanceolata, con margine ondulato e dentellato. La superficie superiore è bollosa.

Fiori: riuniti in un racemo unilaterale molto lungo, hanno picciolo corto e sono rivolti verso il basso. Calice formato da cinque sepali, mentre la corolla, tubulare, è di colore giallo, con punteggiature brunastre.

Habitat: spontanea in tutta Italia, viene sovente coltivata.

Parte velenosa: tutta la pianta, ma in modo particolare le foglie durante la fioritura.

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Tutte le parti della pianta sono tossiche per cui, se ne sconsiglia vivamente l’uso empirico. La sintomatologia da ingestione di parti della pianta è identica a quella dell’intossicazione da farmaci digitalici. Di solito sintomi come nausea, vomito, crampi e dolori addominali precedono i sintomi cardiologici, più tardivi, consistenti in rallentamento della frequenza, irregolarità del ritmo cardiaco e collasso; inoltre, confusione, allucinazioni e vertigini. Sono stati segnalati casi di avvelenamento in animali in seguito a ingestione di fieno contenente piante di digitale.

Con lo stesso nome si indica anche un farmaco utilizzato in medicina come cardiotonico e preparato dalla digitalina, un glucoside estratto dalla digitale comune. Il farmaco aumenta la potenza della contrazione cardiaca e contemporaneamente rallenta il battito; in questo modo il cuore, pur lavorando più intensamente, gode di maggiori periodi di riposo.

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Epilobium angustifolium

Enoteraceae. 
L’epilobio angustifolium viene anche chiamato Garofanino di bosco e Fiore di sant’Anna, mentre l’epilobio praviflorum si chiama anche Gambi rossi. Si presenta con un fusto alto circa un metro e mezzo, con foglie a forma di lancia, fiori di colore fucsia e frutti a forma di capsula che contengono dei semi. Quando le capsule si aprono, i semi possono anche venire rilasciati nell’ambiente per essere trasportati dal vento. L’epilobio si raccoglie in estate. Le parti utilizzate dell’epilobio angustifolium sono le foglie da raccogliere nel periodo della fioritura, ma anche la pianta intera fiorita. Il periodo balsamico di questa pianta è il mese di agosto. Nella varietà di epilobio parvoflorum, invece, si usano le parti aeree della pianta, da raccogliere sempre in estate. La radice, invece, si raccoglie in autunno. La principale caratteristica botanica di questa pianta è di diffondersi su terreni anche incolti e devastati da incendi. Questa pianta, infatti, fu la prima a nascere tra le macerie dei boschi delle città bombardate durante la seconda guerra mondiale.

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Epilobio iardino botanico-Alpi-orientali-Nevegal-Belluno Scuola di Naturopatia Hermete Sophia

Proprietà:
l’Epilobio (angustifolium e parviflorum) è una pianta che sembra avere effetti benefici sull’iperplasia benigna della prostata che provoca infiammazione, rigonfiamento e difficoltà nella minzione. I principi attivi dell’epilobio agiscono contro gli enzimi 5 alfa reduttasi e aromatasi, molecole coinvolte nell’iperplasia prostatica benigna. L’epilobio ha anche un’attività diuretica, antibatterica, antinfiammatoria e si rivela utile anche in caso di dissenteria, coliti con muco, afte e altre lesioni della bocca. L’epilobio contiene tantissimi polifenoli come flavonoidi, tannini, e derivati dell’acido gallico. Queste sostanze rivestono una notevole importanza per la salute umana per i loro effetti antinfiammatori, antiossidanti e antitumorali. Nell’epilobio si trova una certa concentrazione di quercetina che sembra prevenire il tumore della prostata. La quercetina ha anche un’azione antitrombotica. L’epilobio si usa anche per combattere la tosse e mal di gola, riducendo l’infiammazione delle tonsille e delle mucose.

Euphrasia officinalis

Caratteristiche: Pianta annuale erbacea (alta fino a 40 cm.) con un fusto semplice, o ramificato fin dal basso negli esemplari più grandi, alto fino a 40 centimetri. La pianta è normalmente
pelosa, ma in alcune varietà si presenta completamente glabra.
Le foglie variano da quelle semplici e lineari a quelle ovali con la base cuneata e il margine diviso in denti più o meno acuti. Le foglie, sessili o con un
cortissimo picciolo, sono alterne nella porzione inferiore della pianta, mentre diventano opposte nella parte alta.
I fiori, riuniti in racemi terminali, sono inseriti all’ascella di brattee della stessa forma–delle foglie ma di dimensioni inferiori e con `denti più lunghi. Il calice è tubulare e diviso in quattro denti acuminati; la corolla, anch’essa a tubo, si apre alla fauce in due labbra, di cui il superiore è spesso diviso in due lobi, l’inferiore in tre. Il colore è bianco o violetto chiaro con la fauce soffusa di rosa e macchiata di giallo. Il frutto è una piccoia capsula oblunga racchiusa nel calice e contenente numerosi semi striati longitudinalmente.

Habitat: nei prati e nei pascoli. 0-2000 m.; Maggio ottobre

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Euphrasia-officinalis-giardino-botanico-Alpi-orientali-Nevegal-Belluno-Scuola di Naturopatia Hermete Sophia

Proprietà farmaceutiche: Astringenti, antiinfiammatorie, aperitive, digestive. (Droga usata: l’intera pianta)

Già apprezzata da Dioscoride che la prescriveva per le malattie degli occhi, e Alessio Piemontese (1683) «a dischiarir la vista»: «Pilia di siler montano, di finocchio, di rosmarino, di ruta, di celidonia, di bettonica, di ciascuno oncia meza, di eufragia once due, di zuccaro once nove, pesta ogni cosa, e fanne polvere, e usarai mattina; e sera pigliarne un poco».

Galium rubrum

Rubiaceae
Descrizione: Pianta perenne erbacea, con fusti eretti, cespugliosi, tetragoni, completamente erbacei, gracili, stoloniferi, alla base pelosi con peli patenti; 20÷50 cm.
Foglie sottili, in verticilli di 7÷9, oblancelate, lineari, con apice ialino hanno margine ruvido
Infiorescenze ramificate, obovoidi portate da brevi peduncoli ± dritti anche alla fruttificazione; i fiori sono portati da brevi pedicelli all’ascella delle rispettive foglie, hanno tubo corollino minore dei lobi e corolla purpurea con lobi portanti una resta lunga 1/2 della lamina.

frutti sono diacheni obovoidi, con 2 mericarpi glabri ± tubercolati.Specie distribuita su tutta la catena alpina. Fiorisce:  giugno÷agosto. Habitat: Pendii aridi da 400÷1.000 m s.l.m.

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Galium-rubrum-giardino-botanico-alpino-delle-Alpi-orientali-del-monte-Faverghera-Nevegal Scuola di Naturopatia Hermete Sophia

Galium verum

Rubiaceae.

 Il Galium verum è una pianta erbacea perenne che può raggiungere anche il metro di altezza. I fusti sono cilindrici e glabrescenti.
Le foglie sono strette ed hanno una disposizione verticillata di 8 o 12 elementi.
I fiori sono ermafroditi, molto piccoli di colore giallo intenso portati da brevi peduncoli disposti in folte pannocchie. Il nome deriva dal dal Greco Gala,che significa Latte, in riferimento alla capacità di questa pianta di fare cagliare il latte. 
Verum ,significa Vero, ad indicare che questa pianta era molto comune.

Di questa pianta si utilizzano le sommità fiorite.
Proprietà: diuretico, antireumatico (elimina attraverso la diuresi l’acido urico) sedativo, antispasmodico e astringente.

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Galium-verum-giardino-botanico-alpino-delle-Alpi-orientali-del-monte-Faverghera-Nevegal Scuola di Naturopatia Hermete Sophia

Gentiana lutea 

Gentianaceae 

Le genziani comprende circa 400 specie che possono  (lutea) superare anche i 50 anni di vita.

Il nome viene fatto risalire a Gentius, re dell’ Illiria che per primo scoprì le virtù medicamentose di questa pianta.

Utilizzo Magico: la sua radice profumata viene adoperata per sviluppare e risvegliare l’amore e per proteggersi dalle stregonerie e dalle maledizioni.

La disposizione delle foglie è opposta. Sono anche presenti foglie che formano una rosetta basale con stami ad antere saldate in un tubo circondante l’ovario, e stimmi non ritorti.

Componenti Principali

Sostanze amare, alcaloidi, zuccheri enzimi, tre glucosidi: genziopicrina, genziomarina, genziina; un’essenza gentisina, tracce di acido genziotannico.

 
 
Lato destro gentiana lutea giardino botanico Alpi orientali Nevegal Belluno Vittorio Alberti. Scuola di naturopatia Hermete Sophia
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Proprietà Principali

I principi amari della genziana sono utili per stimolare e bilanciare la secrezione dei succhi gastrici e biliari, la cui carenza è causa di malessere, sonnolenza, mal di capo, fermentazioni intestinali; per aiutare l’assimilazione del cibo, la ripresa dei convalescenti e dei soggetti deboli e anemici.
Attività farmacologica: aperitiva, stomachina, coleretica, colagoga, tonica, leucocitogena, vermifuga e febbrifuga.

Indicazioni terapeutiche: inappetenza, anoressia, turbe digestive, ipoacidità gastrica, convalescenze, stimolazione delle difese immunitarie, parassitosi intestinale, febbri…

Geranium macrorrhyzum

Geraniaceae

Il Geranium macrorrhizum  o geranio odoroso è una pianta erbacea perenne. Il nome deriva dal fatto che tra le specie rustiche di geranei è l’unica ad avere foglie intensamente profumate. Per questa loro proprietà le foglie sono usate in cucina tagliate a striscioline per profumare insalate, gelatine e budini di frutta, bibite analcoliche.

Il geranio odoroso è presente nei pascoli alpini e subalpini dei Balcani, Carpazi, sud- orientali, delle Alpi e degli Appennini  tra i 500 e i 2000 m s.l.m.. Cresce anche in terreni alcalini ricchi di carbonato di calcio, tra rupi e macereti.

È l’unica tra le specie rustiche di gerani ad avere foglie intensamente profumate. Per questa loro proprietà le foglie sono usate in cucina tagliate a striscioline per profumare insalate, gelatine e budini di frutta, bibite analcoliche.

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Geranium macrorrhyzum fiori giardino botanico Alpi orientali Nevegal Belluno Vittorio Alberti Naturopata Scuola di Naturopatia Hermete Sophia

Myrrhis odorata

Apiaceae

Pianta erbacea perenne originaria dell’Europa sudorientale. In Italia si trova sulle Alpi e nell’Appennino settentrionale, nei prati e nei pascoli dai 1.000 ai 2.000 metri di quota. 

Presenta fusti eretti, cavi, ramificati, alti fino a 120 cm. circa. Le foglie, a contorno triangolare, sono simili a fronde di felci. I fiori, piccoli e bianchi, sono riuniti in ombrelle di 5-8 raggi. I frutti (detti semi) sono neri e lucenti quando sono maturi. 

Le foglie, profumate leggermente di anice, vengono usate per dare sapore a ripieni, formaggi teneri, dolci e gelati. Le radici e i semi vengono impiegate per aromatizzare grappe e liquori.
Proprietà terapeutiche: toniche, antisettiche, digestive, diuretiche, emmenagoghe.

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Myrrhis odorosa giardino Alpi orientali Nevegal Belluno Vittorio Alberti Scuola di Naturopatia Hermete Sophia

Hypericum maculatum

è un membro della famiglia “Iperico”, in cui ci sono 458 specie. Per molti di loro, i fiori sono quasi identici e le differenze si trovano in altre parti della pianta.

E’ importante sapere che i fiori di questa pianta hanno un colore giallo-dorato, a volte arancione. Prima di appassire i petali diventano con una sfumatura marrone. L’erba di San Giovanni forma infiorescenze molto larghe sotto forma di piccole pannocchie situate sulla sommità di tutti gli steli che si estendono dal fusto centrale. Ogni fiore ha 5 petali e molti stami (fino a 60 pezzi). Il diametro di un tale fiore è di soli 3 cm o meno. Una foto di Hypericum avvistata meglio dà un’idea di come appare. Questa pianta fiorisce alla fine di giugno e fiorisce – all’inizio di settembre. In autunno, i frutti appaiono su di esso – scatole marrone scuro, all’interno delle quali ci sono semi molto piccoli.

L’iperico maculato ama vivere sopra i 1.000 mt.

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Hypericum maculatum giardino botanico alpino del monte Faverghera Nevegal BL Scuola di Naturopatia Hermete Sophia